Beatles: quella volta che la band britannica venne spiata dai servizi segreti italiani
Beatles: quella volta che la band britannica venne spiata dai servizi segreti italianiiI
Beatles sono stati, senza alcun dubbio, una delle
icone più importanti che si siano distinte nella storia della musica. Questa loro grande importanza ha portato, naturalmente, a indagare anche sulle loro persone, così come sottolineato in alcune dichiarazioni di grandissimo valore. La band britannica è stata, in effetti, oggetto di un
servizio di spionaggio effettuato dai servizi segreti italiani, in occasione dei concerti che la band tenne
dal 24 al 28 giugno del 1965 a Milano, Genova e Roma. Ecco tutto ciò che c’è da sapere circa il racconto in questione.
Le dichiarazioni di Guido Crapanzano e le esibizioni dei Beatles in ItaliaL’operazione di spionaggio ai danni dei Beatles si sarebbe svolta dal 24 al 28 giugno del 1965, quando la band ebbe modo di esibirsi in Italia in diverse tappe, che riguardarono le città di Milano, Genova e Roma. E’ stato possibile conoscere i dettagli grazie a
Guido Crapanzano, numismatico di fama internazionale che ha rilasciato preziose interviste sull’argomento, riguardanti quello occasione in cui abbiamo modo di fare da spalla alla Band, conoscendo i segreti dello spionaggio italiano.
La realtà relativa allo spionaggio subito dai Beatles è stata raccontata da Guido Crapanzano, che ha offerto una descrizione dettagliata di quella che fu l’operazione di spionaggio da parte dei servizi segreti italiani. Ecco quali sono state le dichiarazioni di Guido Crapanzano:
“Quando i Beatles nel giugno del 1965 vennero in tournée in Italia, io con il mio complesso, ovvero ‘Guidone e gli Amici’, fummo scelti per aprire i concerti di Milano, Genova e Roma. Gli altri artisti-spalla erano Fausto Leali, Peppino Di Capri, i New Dada, Le Ombre e Angela. Risiedevamo tutti negli stessi alberghi ma soltanto a me era consentita una singolare familiarità con il quartetto di Liverpool e il loro management, perché ero l’unico a esprimermi correttamente in inglese. Mi collocavano sempre in una stanza accanto alla loro. Quando c’era bisogno di qualcosa (talvolta, non mi vergogno di confessarlo, persino una bottiglia di acqua minerale) bussavano, chiamavano me: insomma una sorta di valletto fidato. Le due occhiute guardie del corpo posizionate ininterrottamente davanti alla porta della loro camera facevano passare solo Mister Guidone”. Lo stesso ha poi aggiunto un altro dettaglio rilevante:
“Poco prima dell’arrivo dei Beatles fui avvicinato da una persona che mi venne presentata dal responsabile della sicurezza del Velodromo Vigorelli: disse che era un giornalista, ma il modo di comportarsi e le domande che mi fece, mi indussero a pensare piuttosto a un uomo degli apparati di informazione e sicurezza. Non voleva un’intervista, ma soltanto ragguagli sull’ambiente italiano dei musicisti e segnatamente sui quattro artisti inglesi: la preoccupazione maggiore mi sembrò fosse riferita all’uso di stupefacenti. Fui felice di testimoniargli a fine tournée che l’unica droga di cui John, Paul, George e Ringo dimostravano di fare ampio uso era la musica”.