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Google, Android e il tablet del desiderio
Pubblicato da Luca Annunziata in Google • 28/02/2012

Numeri da capogiro per le nuove attivazioni dell'OS di Mountain View. Ma il punto debole sono le tavolette. Lo dice anche Samsung. Cosa cambierà nel 2012?

Roma - Ottocentocinquantamila nuovi dispositivi Android attivati ogni giorno: 850.000, pari a una media tranquillamente sopra i 25 milioni di apparecchi al mese, 300 milioni di device totali dal lancio. Cifre impressionanti che Andy Rubin, colui che per Google regola l'esistenza di Android, snocciola al Mobile World Congress di Barcelona. E sono pure cifre parziali, che non tengono conto di tutti quei milioni di apparati come Set-Top-Box o come il Kindle Fire che funzionano grazie a un fork dell'OS di BigG ma che non sono ufficialmente androidi. C'è solo un piccolo neo nei numeri di Rubin: i tablet non vanno come dovrebbero.



Complessivamente, il mondo Android è florido: 450mila applicazioni in circolazione (rispetto a 1 anno fa, sempre a Barcelona, sono triplicate), ogni mese oltre 1 miliardo di download dal Marketplace. Dunque, mettendo assieme attivazioni e traffico nello store delle app, il quadro è confortante: l'unica notabile eccezione è per l'appunto il comparto tablet, dove 12 milioni di apparecchi attivati (sempre dati forniti da Rubin) non sono quanti Google avrebbe voluto, desiderato, pronosticato. "Il 2012 sarà l'anno dove rilanceremo e ci assicureremo la vittoria in questo settore" prospetta ora il dirigente di BigG: in altre parole, se gli smartphone hanno fatto la parte del leone, ora toccherà ai tablet dimostrare il loro valore.

La questione è in realtà complessa. Le voci critiche sottolineano come il successo degli smartphone Android sia legato essenzialmente alla capillarità delle offerte degli operatori che comprendano telefoni con questo OS: in altre parole, più della piattaforma in sé - che avrebbe appeal tecnico per un pubblico tecnico, ovvero la minoranza - a far compiere a questa categoria di apparecchi il salto di qualità sarebbe stata la promozione e la diffusione garantite dalle telco, che nella natura flessibile e nella varietà di hardware disponibile hanno trovato la convenienza necessaria per integrare questi prodotti nei propri listini. Lo stesso non sarebbe successo con i tablet: in questo settore domina incontrastato iPad, che 12 milioni di pezzi li piazza ogni trimestre.

Il dato che non quadra, in questa ricostruzione, è che i numeri ribadiscono come Android l'abbia vinta su iOS anche nei mercati dove non ci sono sussidi per l'acquisto: in questo caso, evidentemente, gioca un ruolo decisivo il prezzo di vendita mediamente più basso degli smartphone Samsung, LG, HTC, Motorola, rispetto a quelli Apple. E i consumatori, convinti della sostanziale efficienza e completezza dell'offerta telefonica Android, a tutti gli effetti un portale di accesso ai servizi Google, optano per un prodotto con caratteristiche pari ad iPhone ma con un prezzo inferiore.

Quel che non convince i consumatori, a quanto pare, è come Android si comporta sugli schermi più grandi (e potenzialmente più remunerativi). Rubin smentisce, ancora, che sia necessario un formato di applicazioni specifico per le tavolette: il bello della piattaforma Google è che ci sono strumenti che ben si adattano ai diversi formati senza necessità di "rifare" il lavoro, e questo a tutto vantaggio dei produttori di device che possono sbizzarrirsi nello sperimentare con formati e dotazioni hardware differenti creando un ecosistema vasto e variegato. Sta di fatto che, nonostante ormai si siano consolidati cataloghi ampi nei magazzini di diversi produttori, il mercato non decolla: Samsung, che al MWC ha presentato l'ennesima incarnazione del suo tablet da 10 pollici (è un Note sotto steroidi, ovvero un prodotto concettualmente identico al modello da 5 pollici che punta a rimpiazzare il Galaxy Tab 10.1 facendosi forza dello stilo), è costretta ad ammettere che "non stiamo facendo del nostro meglio nel mercato dei tablet". E se non Samsung, chi altri può avere la forza di imporsi in questo comparto?

Il dirigente che ha ammesso la debolezza coreana, Hankil Yoon, si dice comunque ottimista per il prosieguo dell'anno: a suo giudizio il connubbio touch+penna dovrebbe garantire alla sua azienda di fare la differenza e dunque di piazzare qualche altro milione di apparecchi. Altra possibilità per ribaltare la sorte delle tavolette androidi sarebbe un massiccio investimento di Google nelle sorti della neo-acquisita Motorola: ma, è bene precisarlo, oggi il grosso dei cellulari con l'androide venduti non sono "made in USA", piuttosto sono farina del sacco dei partner asiatici (HTC e Samsung in testa). BigG dovrà fare molta attenzione a come si muoverà per non dare l'impressione di fare favoritismi e conservare intatto, almeno per il momento, il rapporto con le sue galline dalle uova d'oro. E le prime dichiarazioni sono proprio in tal senso.

Cosa fare, dunque? Per Rubin, in conclusione, è tutta una questione di "evangelizzazione": Apple ha il suo ecosistema, Microsoft si avvia a consolidare il proprio con l'uscita di Windows 8 e Windows Phone 8 (entro la fine dell'anno), Google deve convincere consumatori e sviluppatori della bontà e della solidità dell'ecosistema Android fatto di smartphone e anche di tablet. Curioso che, in tutto questo, nel discorso di Rubin non compaia mai la parola "frammentazione" (o "differenziazione", come ama dire il suo presidente Eric Schmidt): ma è anche questo un tema che Android dovrà affrontare (ancora e ancora di più) nei prossimi mesi, visto che a oggi le versioni 3.0 e 4.0 del suo OS sono ancora valori decimali rispetto alla preponderanza di "vecchie" release come Gingerbread.


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