Il termine
hacker è comunque stato ed è tuttora abusato: oggi ha una connotazione pressoché negativa, ma in realtà non è sempre stato così. Agli albori di tale pratica, esso aveva due (o tre, a voler essere precisi) connotazioni.
Il termine
white/grey hat hacking, con connotazione positiva, indica la manipolazione e la modifica di ogni risorsa tecnologica ed è caratterizzata dalla semplice curiosità e dalla sfida personale con se stessi, o dal potenziamento effettivo dell'hardware o del software, per trarne il massimo rendimento, per scopi personali o magari anche per trarne profitto, ma senza maliziae mai con intenzioni fraudolente.
Al contrario, il
black hat hacking, che è purtroppo quello divenuto più famoso come significato, ha invece finalità malevoli e truffaldine, sia per trarre guadagno che per il puro e semplice gusto di causare danni: il blocco di siti, il furto di password, o codici di carte di credito, il phishing sono tutti esempi attualissimi di tale pratica, che nel tempo ha rovinato e rovesciato completamente l'immagine iniziale degli hacker pionieri.
Infatti vi è una notevole differenza tra Robert Morris, che diffuse il suo worm senza volerlo, peccando di ingenuità, e Kevin Mitnick, che divenne il criminale informatico più ricercato degli Stati Uniti del secolo scorso.
Arrestato dall'FBI nel 1995, la storia di quest'ultimo è tutt'ora controversa: c'è chi lo ritiene un eroe informatico perseguitato da un sistema giudiziario arretrato e conservatore, e chi semplicemente una persona che, in virtù delle sue - non comuni - capacità, ha cercato di trarre profitto o comunque vantaggi per se stesso utilizzando le più svariate frodi tecnologiche. Condannato, incarcerato e scontata la pena, attualmente Mitnick è un riconosciuto esperto e consulente per la sicurezza informatica.
Stabilire cosa possa essere etico o meno, è ancora adesso arduo da definire: l'hacking è sempre stata una pratica borderline. Cosa dire infatti del gruppo di hacker MoRE (Masters of Reverse Engineering), che nel lontano 1999 sbloccarono la protezione anticopia dei DVD? Essi si attirarono le ire e le denunce delle case editrici, ma nel contempo fecero sì che tale tipo di protezione anticopia venisse abbandonata, perché essa causava un giusto risentimento da parte degli acquirenti legali, che desideravano effettuare una copia di backup dei loro film preferiti e regolarmente acquistati, spesso a caro prezzo.
Alzi la mano chi, tra i possessori di vetusti dischi in vinile (LP), acquistati regolarmente (30 anni fa era un po' difficile "scaricare" musica da Internet) non si è mai fatto una copia su audiocassetta, allo scopo di non consumare e usurare, appunto, il disco in vinile.