Più che l’esito (scontato) della votazione del ddl sulle intercettazioni, riscritto per la quinta volta e blindato al Senato, qui vorremmo discutere il dopo. Perché si sa che lo sport nazionale è quello di aggirare le regole; soprattutto quando una norma non piace proprio a tutti, come in questo caso.
Anche perché, come dice il proverbio: “
Fatta la legge, trovato l’inganno”. Spieghiamo meglio: secondo le modifiche definitive al ddl non si potranno pubblicare né il testo delle intercettazioni né tanto meno per riassunto il contenuto prima della conclusione delle indagini preliminari.
Chi lo fa rischia grosso, soprattutto gli editori, per i quali sono previste sanzioni fino a 450 mila euro. E visto che i bilanci dei giornali non vanno poi così tanto bene negli ultimi anni, c’è da scommettere che i direttori ci penseranno non una, ma dieci volte prima di pubblicare un qualsiasi atto di indagine.
Tutto ciò però vale solo in Italia. L’informazione, infatti, ormai viaggia anche online e non solo sulla carta o in Tv. E sul web funziona più o meno così: un sito registrato in Alaska è visibile anche a Catanzaro. Se n’è accorto, con non poca felicità, l’ex magistrato Felice Casson (Pd): “Se la notizia segreta viene pubblicata all’estero non c’è nessuna possibilità di intervento da parte del nostro sistema”.
Insomma, le leggeremo su Le Monde o su la Bild. Ma siamo sicuri? Giuliano Ferrara, editorialista di Panorama e direttore de il Foglio ha espresso qualche dubbio: “Chiunque legga una decina di giornali stranieri non è mai incappato nelle lenzuolate di intercettazioni”.
Sulla carta, ma sul web c’è un precedente (anche se non si trattò di intercettazioni): giusto un anno fa, a proposito delle foto scattate all’interno di Villa Certosa, la residenza in Sardegna del premier Silvio Berlusconi. Il Garante della privacy ne vietò la pubblicazione. E, infatti, le pubblicò El Pais che aumentò vertiginosamente le visite al proprio sito, soprattutto grazie alla curiosità degli internauti italiani.
Qualcuno, quindi, prevede una fuga di notizie verso siti web stranieri nei prossimi anni. E le intercettazioni così non spariranno, ma saranno a portata di clic: nei propri pc di casa, nei telefonini, negli iPad e in qualsiasi altro aggeggio elettronico in grado di connettersi alla rete.
Importanti gruppi editoriali italiani poi sono già presenti all’estero e potrebbero lì pubblicare le intercettazioni: ma vi immaginate il gruppo Rcs che obbliga l’autorevole redazione del conservatore El Mundo a pubblicare paginate sulle telefonate di tale cricca “x” degli appalti “y” nella provincia “z” italiana?
Eppure, secondo alcune indiscrezioni, altri gruppi editoriali, così come alcuni blogger e gruppi politici (IdV in testa) sarebbero disposti a registrare siti all’estero pur di rendere pubblici dialoghi telefonici dai contenuti più pruriginosi. Chissà, magari un giorno non lontano li leggeremo su un famoso sito gossipparo: il cliccatissimo ”antoniodipietro.fr”.