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I furti di informazioni sono diventati la prima causa di frodi denunciata dalle aziende nel mondo, superando le sottrazioni di beni, che finora erano invece al primo posto nella classifica delle truffe. Questo il quadro emerso dai dati diffusi dall'agenzia investigativa Kroll, secondo la quale sono tre i settori più a rischio: la finanza, i servizi professionali e l'area di tecnologie e media.



Furti online in volata nell'ultimo anno – Più in dettaglio nel settore hi tech il rischio di subire attacchi attraverso internet o chiavette usb è aumentato dell'81% proprio nel corso dell'ultimo anno. I così detti ladri sono spesso dipendenti in procinto di lasciare l'azienda o insoddisfatti della propria posizione. D'altra parte si moltiplicano sempre più anche gli hacker e i cyber criminali, che cercano in ogni momento di mettere alla prova i sistemi di protezione di Internet. La maggiore parte delle truffe, comunque, continua ad avvenire soprattutto attraverso il ‘phishing', ovvero falsi messaggi di posta elettronica che se ricevono risposta sono in grado di sottrarre dati preziosi e aprire una breccia nei sistemi di sicurezza.

Investimenti in sicurezza in enorme crescita - Secondo le stime dell'agenzia Kroll le aziende spenderanno sempre più soldi a garanzia della sicurezza: è previsto un progresso del 47% all'anno di investimenti per la difesa informatica. Si tratta di un ottimo segnale visto che dimostra che quanto meno sia aumentata la consapevolezza dei furti immateriali.
Secondo Kroll per affrontare le minacce di furto dei dati sono necessarie alcune misure preventive che riguardano soprattutto la cultura aziendale. E' infatti necessario effettuare una mappatura delle informazioni sensibili e una pianificazione del trasferimento dei file digitali. Sono indispensabili anche test periodici per mettere in evidenza l'eventuale vulnerabilità e la diffusione della crittografia per l'archiviazione dei documenti, in particolare su hardware come le chiavette usb.
Occorre inoltre porre grande attenzione alla privacy. Del resto di recente anche Facebook ha ammesso che, attraverso il videogioco Farmville e altre applicazioni, le agenzie pubblicitarie erano in grado di accedere a informazioni pubblicate sul profilo personale degli iscritti al social network.